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ESSERE GENITORI NELLO SPORT E' DANNATAMENTE COMPLICATO



Essere genitori di un’adolescente che fa sport è complicato, dannatamente complicato.

Innanzitutto bisogna trovarlo uno sport che vada bene.

Prima ci provi (…quasi tutti, neh?) col tuo, quello che hai fatto – o tentato di fare – tu.

Se sei fortunato è una pippa, peggio di te: smette e ci si salva; altrimenti scattano meccanismi complessi. Dovrebbe esserci una legge che vieti il passaggio delle passioni sportive per linea dinastica.

Sicché poi cerchi altro, robe di cui manco conosci le regole, talvolta l’esistenza.

E iniziano iscrizioni, visite, divise, allenamenti, lavaggi anzi bonifiche di calzini e calzoncini, felpe e canotte, stage, camp, partite, trasferte…le trasferte…che te aspetti la domenica e puntualmente la domenica ti alzi alle 6 per masticare un freddo boia in un posto sconosciuto alle mappe, anche satellitari.

E’ complicato, dannatamente complicato.

Ma poi una mattina in mezzo alla nebbia, oppure una sera che piove nel buio, guardi e da quello spogliatoio esce una persona nuova.

Mica la riconosci subito.

E’ una persona che cammina, parla, si muove, ti guarda e guarda attorno a se in modo diverso.

Sa sorridere perché ha imparato a sorridere e sa faticare perché ha imparato a faticare.

Sa vincere e perdere perché ha imparato che si perde e si vince. Sa dare, sa ricevere

Per farla breve sa stare nel mondo, con gli altri, compagni e avversari.

Tutta quella roba li tu, la famiglia, - stai tranquillo - non puoi insegnarla; non in quel modo e con quella chiarezza li.

Ecco perché quando succede l’unica cosa da fare è provare a ricambiare, cercando di raccontare l’idea che portare un’adolescente in un buon posto di sport sia il modo migliore per ritrovarsi poi una sera a cena con una gran bella persona, che ti chiama papà.

Il papà del numero 27


Umberto Ruggerone


Tratto dal Fumetto del NOVARA BASKET FEMMINILE

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